Antonellu missinisi e altre storie. Messina nella letteratura poetico-musicale dei cantastorie. Concerto presso LUTE, Libera Università della Terza Età – Messina, Palazzo dei Leoni o della Provincia. Mercoledì 27 aprile 2022, ore 16

MAURO GERACI… e la sua chitarra
ANTONELLU MISSINISI E ALTRE STORIE
Messina nella letteratura poetico-musicale dei cantastorie
concerto

Mercoledì 27 aprile 2022, ore 16
LUTE – Libera Università della Terza Età – Messina
Palazzo dei Leoni altrimenti detto Palazzo della Provincia, Sala del Consiglio
Corso Cavour, Messina.

 

Descrizione

Questo concerto rappresenta il seguito della conferenza che ho avuto il piacere di tenere presso la Lute lo scorso 23 marzo 2022. In quell’occasione ho presentato al pubblico l’insieme degli aspetti comunicativi, spettacolari e conoscitivi propri dei poeti-cantastorie siciliani. Questo concerto è invece espressamente dedicato alla città di Messina e alla sua storia mitico-culturale e ciò a partire da Antonellu missinisi, la storia del grande pittore che ho composto nel 1999 e illustrata dalla pittrice Michela Ameli in uno straordinario cartellone. Storia che, nel 2000, ha ricevuto a Roma il Premio Antonello da Messina. Dalla storia del grande pittore – la cui poetica risulta molto vicina ai cantastorie, come ho recentemente sottolineato in un articolo apparso su Almanaccu sicilianu 2022 che riporto qui di seguito – a quella del terremoto del 1908 attraverso il rarissimo testo poetico di Stefano De Angelis, fino a Menzaustu missinisi e Festa a Tindari di Orazio Strano come alla mia Fauci di fangu sul tragico alluvione di Giampilieri e Scaletta Zanclea del 2009 e alle poesie della straordinaria Maria Costa. Ai fatti storici si alterneranno anche ballate che riprendono miti popolari dello Stretto diversamente ripresi dai cantastorie, dal Colapesce di Leonardo Strano al mito della Madonnina nei canti dell’emigrazione. Insomma un’occasione preziosa per molti messinesi e non. Grazie di cuore alla Lute!

 

Locandina

 

Senti l’intero concerto sul mio canale Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=_mVNemSFxcU&t=6s

Vedi l’articolo di Gaetano Catanzaro su Messina web:
https://www.messinaweb.tv/cultura-e-arte/il-cantastorie-mauro-geraci-a-palazzo-dei-leoni/

Antonellu missinisi
e i cantastorie

di Mauro Geraci

da Almanaccu sicilianu, Pungitopo editore, Gioiosa Marea, 2022.

Perché oggi un antropologo che ha studiato i cantastorie al punto tale da esserne riconosciuto interprete e continuatore, fra miriadi di guerre, drammi e pandemie che vorrebbero diventare ballate e trovare sfogo in nuove denunce di piazza, decide, con la storia Antonello missinisi, di dar voce all’intramontabile poetica del pittore Antonello da Messina? Forse è per quell’umile bagno di realismo che Leonardo Sciascia indicava anni fa quale rimedio cui molti intellettuali siciliani sanno ricorrere per non impazzire quando toccano il fondo arbitrario, silenzioso, enigmatico, torbido, arrogante, mortale d’ogni parola, d’ogni versione della storia. Tale rimedio, riferiva lo scrittore a Marcelle Padovani che nel 1979 lo intervistava ne La Sicilia come metafora, «si ritrova a livello dell’espressione artistica, e ha come nome “realismo”, dato che la Sicilia si ridesta all’arte sempre a contatto di movimenti, di solito esterni, che possiamo chiamare realistici: Antonello da Messina a contatto del realismo dei fiamminghi, la grande triade catanese Verga, Capuana e De Roberto a contatto del verismo francese». La pittura di Antonello così è realista come la poesia dei cantastorie siciliani a noi contemporanei, da Ignazio Buttitta a Franco Trincale: Antonello e i cantastorie ci mettono cioè a disposizione parole e immagini da cui ricominciare entusiasticamente a rifare la storia, riflettendo sugli aspetti più impervi, sulle doppie morali, insomma su quelle “cose che non quadrano” diceva a Sebastiano Burgaretta il cantastorie di Avola, Salvatore Di Stefano.

La pittura di Antonello colpisce l’interesse di un cantastorie dei nostri tempi non perché abbia in comune con lui la Sicilia. I dipinti di Antonello, al contrario, sono napoletani, veneti, milanesi, fiamminghi, non siciliani. Sono frutto di malinconici, frenetici viaggi che Antonello si trovò a condurre in Italia e nelle Fiandre: finestre aperte verso un radicale superamento d’ogni visione sicilianista, localistica, etnicistica, anche quando ironizzano sugli scorci dello Stretto, sui volti isolani. Così i cantastorie: anche se nati in Sicilia forse neppure possono considerarsi siciliani, dal momento in cui ricercano affannosamente l’accesso a una piazza, a un pubblico, a un circuito comunicativo che travalica gli stretti confini dell’isola: un cantastorie che canta solo in dialetto e nella piazza rassicurante di parenti e compaesani non è un cantastorie. Proprio come ha fatto Antonello fin da ragazzo, stabilendosi nella Napoli del maestro Colantonio, un cantastorie deve sapere uscire dal Sud, deve fronteggiare piazze estranianti, lingue straniere, deve saper dar voce alle storie migranti di tutti gli uomini del mondo. La piazza, come la pittura di Antonello, nei cantastorie si fa metafora universalistica del luogo pubblico per antonomasia, dello spazio dove anche l’uomo della strada può affacciarsi e “divertirsi”, diceva Ignazio Buttitta, a zappari la storia a cintimitru, a torciri il corso della storia, ad affondare come un gatto le mani nel cuore degli uomini per spremerne poesia.

La pittura antonelliana, come la canzone narrativa dei cantastorie, è un luogo dove si compie la democrazia, la polifonia delle voci, l’ideologia del cuntrastu o multi vuci, la chiamavano i giullari dei tempi svevi. Così la pittura di Antonello, in una cosmogonia di cui si sviliscono forme e appartenenze, prova a toccare il punto zero da cui si genera ogni processo di costruzione e rappresentazione del sacro, del potere, della storia, del sapere, ogni processo di riconoscimento individuale e sociale: «Il giuoco delle somiglianze – scriveva ancora Sciascia in Cruciverba – è in Sicilia uno scandaglio delicato e sensibilissimo, uno strumento di conoscenza. I ritratti di Antonello “somigliano”; sono l’idea stessa, l’archè, della somiglianza. A chi somiglia l’ignoto del Museo Mandralisca? “Somiglia”, ecco tutto». Ogni realtà, ogni potere è, cioè, frutto di un’intesa, di una legittimazione che da un momento all’altro può cambiare. Ce lo hanno insegnato Michel Foucault, Elias Canetti come Vincenzo Consolo nel suo bel romanzo per l’appunto intitolato Retablò. Così, Renato Guttuso: una volta regalò a mio padre, Giuseppe Geraci, che da capo redattore del Giornale di Sicilia di Palermo lo conosceva bene, un rifacimento a china dell’ignoto marinaio, quadro al centro del famoso capolavoro ancora di Consolo. Guttuso, tuttavia, rifece un ignoto marinaio che guarda al contrario, in modo diametralmente opposto rispetto a quello dipinto da Antonello. Allo stesso modo non possono esserci punti di vista unici e assoluti, beni, verità o umanità “d’origine controllata”: gli occhi dell’ignoto marinaio sono altissimi in quanto somigliano a quelli altrettanto umili e curiosi dei cantastorie, entrambi impegnati a svelare le logiche relativistiche di poteri, verità, umanità a partire da una speculazione filosofica sui saperi, insomma da quei libri sempre aperti sul leggio che l’Annunziata di Antonello e i cantastorie invitano appassionatamente a rileggere.

Antonello da Messina. Ritratto dell’ignoto marinaio. Museo Mandralisca di Cefalù (Palermo).

 

Renato Guttuso. Ritratto dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina all’inverso. Disegno donato dallo stesso pittore a Giuseppe Geraci..

 

Perciò il carattere biografico della storia che ho scritto, Antonello missinisi, non s’esaurisce in una ricapitolazione poetico-musicale della vita, delle opere, dei maestri, dei viaggi, delle invenzioni artistiche di Antonello. Il tentativo è invece quello di mettere le ali musicali della poesia per decollare sull’esiguità delle fonti, sulle pallide piste archivistiche e filologiche su cui continuano ad arrovellarsi i biografi del grande pittore. Lo spirito che ha mosso la scrittura di Antonello missinisi è quello di compiere un volo all’interno della sfera familiare di Antonello, tra le sue tensioni domestiche e sentimentali, nella visione popolare e francescana che egli coltivava del cristianesimo, tra le difficoltà delle azioni con cui si trovò a destreggiarsi tra ordini religiosi, aristocrazie clericali e feudali, siciliane e milanesi come quella del Duca Galeazzo Maria Sforza, che gli commissionavano pale, gonfaloni, ritratti quali solenni ostentazioni di poteri e gerarchie. Un volo nel silenzioso anticonformismo di Antonello. Un viaggio tra i “silenzi” di chi, al di là dei manierismi d’oltralpe, non ha esitazioni a far sbucare sullo sfondo della Passione la nostalgia di casa, la malinconia del suo Stretto. Un viaggio tra i “silenzi” di chi, anticipando la maieutica di Danilo Dolci, ribalta le gerarchie simboliche dei poteri al momento in cui infonde a Cristo, a San Sebastiano, all’Annunziata, a volte agli stessi notabili che si facevano ritrarre, i lineamenti antiaristocratici, antilatifondisti, comunque inquieti ripresi da braccianti, ignoti marinai, cittadini siciliani. Un viaggio tra i “silenzi” di chi, ancora, sa fare dei suoi piccoli quadri piazze grandi quanto l’universo, dove i passanti, uomini e donne, giapponesi e siciliani, grandi e piccoli, musulmani e cristiani, neri e rossi non cessano di riconoscersi, guardarsi verghianamente «da una certa distanza», interrogarsi sulle ambivalenze dei loro sguardi, dei sorrisi, dei pianti, dei vestimenti, delle luci, delle ombre. Antonello, proprio come i cantastorie elogiati da Brecht e Pirandello, arriva a scoprire estraneità e mostruosità nelle cronache d’ogni giorno, nell’innocenza dei volti quotidiani. Se Antonellu missinisi, pur nella forma sintetica di una storia cantata e dell’originale cartellone realizzato ad hoc dalla pittrice milanese Michela Ameli, racconta la vita del grande pittore, lo fa per ritrovare le ragioni antropologiche dell’abbraccio poetico tra Antonello, i cantastorie e la piazza.


Antonellu missinisi
Versi e musica di Mauro Geraci; Premio Antonello da Messina (2000)

Cartellone relativo alla storia di Mauro Geraci “Antonellu missinisi” realizzato a Milano da Michela Ameli nel 2000.

 

L’Europa è in guerra havi quasi cint’anni
e in Franza abbrucia Giuvannedda d’Arcu
Alfonzu d’Araguna ‘ngegnu granni
divinni Re di Napuli cu smaccu.
E versu u milliequattrucentutrenta
fici na scola pi cu havi cirvellu,
Missina babba si fici jumenta
ca desi luci a so figghiu Antunellu.

Era figghiu di Garita
e di Vanni ‘u marmureri
ca di certu cu la crita
ci ‘nsignava lu misteri.
Ma la storia ccà è vacanti,
d’Antonellu nun ci dici
s’era mansu o si birbanti
cu li fimmini e l’amici.

Antonello, signuri mei, nasciu versu lu milliequattrucentutrenta… ma non si sapi di la so carusanza, ‘nsinu a quannu iddu si nni va a Napuli a studiari nta la putia d’un certu Mastru Culantoni unni lu picciottu…

Cu tanta lena e cu tanta passioni
a Napuli pittava notti e ghiornu
nta la putia di Mastru Culantoni
ca ci ‘nsignava culuri e cuntornu.
Ma spissu ‘u cori di st’omu pirfettu
ciusciatu era di malincunia,
‘u ventu ci arrivava di lu Strettu
e di San Rizzu ‘u friscu e l’armunia.

E pittannu nta la cruci
Gesù Cristu ca mureva
‘nto ‘n Calvariu senza vuci
Antonellu si sinteva.
Pi cunsolu a lu scunfortu
la Passioni immaginava
a Missina ‘nta lu portu
cu lu Strittu ca brillava.

Antonello a Napoli studiau cu Mastru Culantoni ma poi viaggiau nna tutta l’Italia: Palermu, Roma, Firenze, Milanu…

E a manu a manu nta lu cuntinenti
iddu apprinneva lu stili pricisu
di li fiamminghi pitturi eccillenti
ca ci davanu gustu e letu visu.
Jan van Eyck e Van der Weyden
‘nzemi a Pieru di la Francisca
pi Antonellu l’idiali foru pisci senza lisca.

Finchè un ghiornu si dicisi:
«A Missina mi nni tornu!
Mogghi mia pigghia li robbi
e fujemu ‘stu frastornu.
Cu Giurdanu me fratuzzu,
Iacubellu e l’atru figghiu
a Missina, non a muzzu,
fazzu a scola d’arti e siggiu».

E così Antonello torna a Messina e apre una bottega d’arte coi figli e col fratello Giordano e cominciano le commissioni.

P’un’oncia d’oru e sei salmi di mustu
pi San Gregoriu lu granni cunventu
pittau un quatru e desi tantu gustu
a tanti missinisi senza abbentu.
E a manu a manu ca era famusu
li feudatari si facianu fari
ritratti e gunfaluni di bon usu
pi putiri li povari umiliari.

Ma Antunellu lu sapia,
era troppu ‘ntiligenti,
e nto mentri dipincia
pensa sempri a la so genti.
Santu Mommu e Santu Janu,
l’Ecce Homu e l’Annunziata
di lu populu viddanu
hannu la facci stampata.

Antonello pensava ai contadini, agli zappatori, a li jurnatari, a li marinara siciliani e no a li ‘sperti, nobili, signuruna e feudatari. E accussì, quannu facia un ritrattu, carricava sempri li tratti di lu voltu ca dipincia cu chiddi di la genti di li campagni siciliani. Pinsati a lu surrisu di l’ignotu marinaiu e a lu scritturi Vicenzu Consulu ca ci scrissi un magnificu rumanzu.

Poi a Venezia na gran Pala fici,
Pala di San Cassianu numinata,
‘u Duca Galeaznr Sforza dici:
«È de le più eczellenti opere di penelo che habia Italia e fuor d’Italia».
Lu Duca poi ci fici lu cuntrattu
‘nto sò Palazzu p’affriscari i muri
ma di Milanu dopu un annu esattu
turnau ‘n Sicilia cu Trenu d’u Suli.

Ma nta lu sittantanovi
cuminciaru li turmenti,
ca s’ammala e non si movi
ma era sana la so menti.
E accussì a lu nutaru
iddu fici tistamentu,
figghi e mogghi eriditaru
tuttu ‘u so pussidimentu.

Antonellu è in puntu di morti. Tanti e tanti genti di tutta la Sicilia lu vinniru a vidiri pi l’urtima vota. Pi la sepurtura vosi vistiri l’umili tonaca di frati franciscanu.

La tonaca di frati franciscanu
vosi vistiri pi la sipurtura
dintra un cunventu c’un distinu amaru
ca fu distruttu di na gran ciumara.
Lassamu ad iddu pi la mogghi Anna
ca dopu dui o tri misi duluri
si maritau dintra na lucanna
a lu nutaru cu tuttu ‘u so panzuni.

La Sicilia è tutta tisa
p’Antunellu gran signuri
non si sapi quantu pisa
lu so geniu e li pitturi.
’Nardu Sciascia ora cunsigghia:
«Quannu perdi lu ‘ntillettu
Antunellu t’arripigghia
e ti duna gran rizzettu».


Nota sulle immagini

Le immagini riportate si riferiscono al ritratto dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina qui posto a confronto con quello realizzato, secoli dopo e in senso inverso, da Renato Guttuso e donato a Giuseppe Geraci; e al cartellone che sintetizza le scene della storia Antonellu missinisi realizzato dalla pittrice milanese Michela Ameli, artista che ha lavorato per il teatro dei pupi di Palermo e per il cantastorie Franco Trincale.

Share:

Author: Mauro Geraci

Lascia un commento