Io sono il cantastorie siciliano Mauro Geraci “chi ama la puisia e la paci”, scrisse in una dedica il grande poeta Ignazio Buttitta nel lontano 1982. Come la Sicilia di noi cantastorie, il mio sito vuol essere una Casa che diventa una Piazza poetica aperta al Mondo e sul Mondo. Tutt’altro che un’isola! Una piazza libera, politicamente scorretta, che ricerca la conoscenza reciproca, lo scambio di idee e opinioni e che rifugge da ogni pensiero unico, da ogni ortodossia morale, da ogni dogma, luogo comune o stereotipo. Quando vorrete, se vi farà piacere, potete entrare e fermarvi in Casa Geraci ad ascoltare storie e ballate, comiche o drammatiche, in siciliano o italiano, che compongo e canto con la mia chitarra invitandovi a riflettere sui drammi che infestano la contemporaneità in cui ci troviamo a vivere, se non a morire. Dal forum Piazza Geraci potrete anche aiutarmi attivamente a portare a termine le mie proposte di storie e ballate fornendomi notizie aggiuntive, testimonianze inedite, correzioni o avanzando voi stessi temi, vicende, argomenti che, come si diceva in Sicilia, meriterebbero “di faricci a canzuna”. Del resto, scriveva sempre il poeta Buttitta, il cantastorie non canta ciò che vuole ma ciò che pesca e ascolta dalla Piazza del popolo: “a chiazza è un puzzu, lu pueta cala u catu e tira acqua pulita”; “lu pueta è latru” è un “piscaturi cu li riti cunzati tutti li staciuni”. È una Piazza che, direbbe il mio grande Maestro Franco Trincale (il “provocantore”), punta a “far scuola”, a promuovere una riflessione disincantata e dialettica sui fatti che ci circondano, sulla storia in cui rischiamo di annegare e dalla quale la nostra voce risale a galla, forte a cantare. La Casa e la Piazza del cantastorie Geraci sono vostre…
Prego, ascoltate qui le ultimissime!
“MURIU ME FRATI PI NUN FARI NENTI!”
Sulle assoluzioni nella trattativa Stato-Mafia
Versi e musica di Mauro Geraci
C’era da aspettarselo! Che vi credevate? La storia processuale della mafia non si smentisce mai! All’indomani della sentenza di Cassazione che, “per non avere commesso il fatto”, conferma l’assoluzione che ha visto imputati a Palermo, nel processo sulla trattativa Stato-mafia, gli ex ufficiali del Ros, Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno ed anche l’ex senatore Marcello Dell’Utri, ripropongo qui la mia ballata Muriu me frati pi non fari nenti che riprende le parole del grande Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, dette all’indomani della precedente assoluzione della Corte d’Appello per la quale “la trattativa ci fu” e “non è reato”. Oggi invece la Cassazione li ha assolti “per non avere commesso il fatto” e sono stati anche prescritti i reati che, al contrario, la sentenza d’appello considerava compiuti dalla controparte mafiosa di Bagarella e Cinà.
GRAZIE ALLA GIUSTIZIA ALL’ITALIANA!
E ORA… TUTTI AL MARE, TUTTI AL MARE…
COMPLIMENTI E AUGURI!
Io però, nel vergognarmi profondamente e silenziosamente della “giustizia” italiana, nel riproporvi quella stessa ballata scritta in occasione della prima assoluzione della corte d’appello ed esprimendo tutto il mio infinito sdegno per questa ennesima, rituale assoluzione, faccio mie le parole di Salvatore Borsellino riportate proprio ieri, 27 aprile 2023, da Antimafia Duemila. Informazioni su mafia, ‘ndrangheta e sistemi criminali connessi:
https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/95155-trattativa-stato-mafia-sentenza-della-cassazione-ci-porta-indietro-di-trent-anni.html#:~:text=di%20Salvatore%20Borsellino,pi%C3%B9%20di%20trenta%20anni%20indietro.
“Assolti ‘per non avere commesso il fatto’, non perché “il fatto non costituisce reato” ma per non avere commesso il fatto, così recita una sentenza della Cassazione che ci riporta ai tempi di Corrado Carnevale, più di trenta anni indietro.
È una sentenza tombale, vengono prescritti anche i reati compiuti dalla controparte mafiosa, viene sancita la definitiva rinuncia dello Stato a fare Giustizia, ad accertare la Verità.
Il nostro Stato non è, e forse non è mai stato, uno Stato di diritto.
Siamo stati degli illusi a credere che lo Stato potesse processare sé stesso perché ‘il fatto’ c’è stato, ci sono state le stragi, c’è stato il furto dell’Agenda Rossa, ci sono stati i depistaggi ma non ci sono i colpevoli o meglio perché i colpevoli ci sono, ma sono dentro alle stesse strutture di questo Stato assassino e depistatore e quindi sono intoccabili.
Non è questo, non può essere questo lo Stato per cui ha sacrificato la vita mio fratello e solo per rispetto al suo sacrificio non posso e non devo aggiungere altro.
Non ho mai creduto alla Giustizia degli uomini, sono laico e non posso quindi confidare neanche nella Giustizia di Dio, non mi resta, nei pochi anni che mi restato da vivere, che la lotta, una lotta disperata, solitaria, senza speranza, per una Verità che continuerà ad essere occultata, vilipesa, negata dagli stessi assassini che mai, mai, potranno giudicare sé stessi”. Da Facebook, 27 aprile 2023.
Così invece Salvatore Borsellino, fratello di Paolo ucciso nella strage di Via D’Amelio proprio perché indagava sulla trattativa Stato-Mafia, aveva commentato le assoluzioni emanate dalla corte d’appello di Dell’Utri, De Donno, Mori e Subranni: “Paolo Borsellino non solo non è morto invano ma ha vissuto degnamente la sua vita, senza manie di protagonismo e perciò lasciando alle future generazioni l’esempio della onestà unita ad una irraggiungibile sapienza giuridica. Questo significa che mio fratello è morto per niente”. Io come cantastorie non posso che far mio e cantare questo stesso pensiero come unico commento alla recente sentenza di assoluzione.
Segui sul sito di Canzoni contro la guerra – https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=64714 – il dibattito scaturito da questa mia ballata.
Leggi il bell’articolo, ampio e ricapitolativo, di Stefano Baudino su L’Indipendente, 1 maggio 2023:
https://www.lindipendente.online/2023/04/28/no-la-trattativa-stato-mafia-non-puo-essere-smentita-dalla-cassazione/
La liggi emanau la so sintenza
doppu vint’anni di prucessu amaru
si misiru la manu nta cuscienza
li judici ‘i Palermu la sputaru.
È veru sì ci fu la trattativa
tra statu e mafia c’eranu li pisti
ma pi la liggi in definitiva
non fu reatu e ‘u fattu non sussisti.
Supra di l’arma calaru la cutri
tri pezzi grossi d’i carrabbineri
assolti foru assemi cu Dell’Utri
e ‘m paradisu puru lu stalleri.
Sss chi fai parri?
Sss chi fai ciati?
T’ha stari mutu ca la liggi è liggi.
Sss chi fai pensi?
Non ci fu reatu
dormi e riposa ogni magistratu.
‘Nveci Cinà nni fu ricunnannatu
ca di Riina ci purtau u Papellu
e Bagarella nni vinni arrestatu
vintisett’anni arreri ‘u cancellu.
Ora pi sempri ‘u cori ‘n santa paci
mittitivi ca lu Statu è pirfettu
li stragi ‘i Via d’Ameliu e di Capaci
cu sa cu fu ca fici lu prugettu.
Sulu ‘u fratuzzu i’ Paulu Bursillinu
apri la vucca e dici impunementi:
“Chista sintenza è scritta di Cainu
muriu me frati pi non fari nenti”.
Sss chi fai parri?
Sss non t’azzardari,
la virità la liggi fa triunfari.
Nenti c’ha statu,
nuddu ha trattatu
cripau la mafia e vinciu lu Statu.
*
IL CINGHIALE PORTAPACE
(invocazione per la fine d’ogni guerra)
Versi e musica di Mauro Geraci
Roma, 24 febbraio 2023
Il 24 febbraio 2023, a un anno dalla terribile guerra scoppiata in Ucraina e che seriamente rischia di trasformarsi nell’ennesimo conflitto mondiale, ho scritto questa ballata pensando che, ormai, solo i cinghiali, con la loro eccezionale voracità, potranno salvare il mondo liberandolo da ogni arma e mafia militare. La ballata ha quindi due scopi: auspicare la scomparsa dell’uomo che, per la sua brutalità e ottusità, non merita più di vivere sulla Terra; quello di difendere, non canuzzi e gattini che appestano coi loro escrementi i nostri paesi e città, bensì i cinghiali, gli unici animali che, scavalcando ogni frontiera, potranno davvero liberarci dai rifiuti umani come i capi di stato, i generali, i militari, gli armatori, gli operatori dei servizi segreti, i capi delle lobby finanziarie e delle industrie delle armi che continuano ad arricchirsi uccidendo i civili. Questa ballata è quindi alta invocazione al Cinghiale portapace, affinché presto invada tutto il pianeta divorando, digerendo e quindi riportando al loro naturale stato di merde quanti continuano a lucrare sulle guerre. Sentite!
Testo
Un cinghiale i cassonetti
rovistava a testa bassa
per finire quei pezzetti
lì buttati dalla massa
di carciofi e di patate,
di fettine assai ingiallite,
clementine ed insalate
e di pizze assai avariate.
Con le bucce dell’arancia
e di torsoli di pera
si gonfiava la sua pancia
come fosse mongolfiera.
Al cinghiale ormai gigante
gli finirono le scorte
e così fece il brigante
per sconfiggere la morte.
“Compagni di armi facciamo man basse,
di missili e mine svuotiamo le casse,
mangiate granate, cannoni ed i caccia,
le navi e ogni drone che in cielo s’affaccia.
Proiettili e bombe nucleari e che rutti
coi gas nervini, ce n’è qui per tutti,
e quando cacate ogni arma di merda
diventa e di pace fiorisce la terra”.
Il cinghiale portapace
fu d’esempio in tutto il mondo
per la fame sua vorace
in quel pozzo senza fondo
terminaron gli armamenti
militari e anche la Nato
se la succhiano gli armenti
alla fine per gelato.
Ma la fame della pace
non finì a quei cinghialoni
si papparono Zelenski,
Putin, Biden e la Meloni.
E così piazza pulita
ogni esercito un sol sorso
ritornò presto la vita
sulla terra del rimorso.
“Senza più frontiere, senza più confini
la terra viviamo coi nostri bambini
che liberi siamo da stati e nazioni
da app e green pass, da spid e smartphoni.
Le reti spaccate, le banche sventrate,
la nuova aria fresca ora respirate
e grazie al cinghiale che portò la pace,
il mondo mai più morirà sulla brace”.

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Il cinghiale portapace (ovvero invocazione per la fine d’ogni guerra)
*
FILASTROCCA DENA’ DENA’
Versi e musica di Mauro Geraci
Roma, gennaio 2023
Una semplice filastrocca che indica il peregrinare del boss Matteo Messina Denaro nei trent’anni di latitanza. Secondo uno schema ricorrente, dal bandito Giuliano, a Riina e Provenzano, il capomafia è stato preso (o, meglio, dato) in una prestigiosa clinica di Palermo. Dopo trent’anni e dopo la recentissima assoluzione di Dell’Utri, De Donno, Mori e Subranni di cui pochissimo s’è detto e di cui ho già scritto mettendo in musica le parole di Salvatore Borsellino – Muriu me frati pi non fari nenti! -, evidentemente l’accordo sul momento della fatidica consegna è stato raggiunto e Matteo Messina Denaro adesso è in carcere svolgendo il suo compito finale, quello di coprire chi è fuori, di depistare l’attenzione, di far credere che ancora la mafia sia quella “medievale” di cui lui viene presentato come epigone. Fuori, con ogni probabilità, continuano a nascondersi invece, nelle loro case borghesi con i cani e i gatti che saltano nei divani, i veri responsabili giudiziari, politici e morali, i gran pezzi deviati che hanno condotto la trattativa stato-mafia e che hanno ucciso Paolo Borsellino, più volte, anche dopo morto. Ancora hanno e possono avere la sfacciataggine di giocarsi la carta della mafia “medievale”, di lupare e coppole storte, perfetta per l’attuale, bassissima e smart temperie culturale, per coprire le nefandezze della trattativa stato-mafia che ha visto spargere il sangue di grandi uomini e assolvere Dell’Utri e i carabinieri De Donno, Mori e Supranni e invece, per lo stesso reato, condannare i mafiosi Cinà e Bagarella… adesso, a circa un anno dalla condanna in appello di Cinà, Bagarella & c. è arrivato il tempo di Messina Denaro e tutti credono che la mafia è ancora e sempre più lì, dentro quell’isoletta mentre invece (così com’è sempre stato) è fuori che, come scrive il padre dei poeti-cantastorie Ignazio Buttitta,
(…) ‘ngrassa e gonfia li purmuna,
si modirnizza e allarga li so riti
diventa dirigenti di partiti.
Tutti l’appalti e li concessioni
l’havi la mafia, la mafia disponi.
La mafia impera, cumanna e fa liggi,
lu statu duna e la mafia siggi.
Testo
Dove sarà sarà sarà
dove sarà Messina Denà?
Pigghia u cafè nel novantatrè
a lu tiatru novantaquattro
vaci a la missa novantacinque
gira i musei novantasei
gioca a tressette novantasette
nto ferribbottu nel novantotto
giù nell’androne novantanove
in piazza sfila entra il duemila
al Tg1 duemilaeuno
al Tg2 duemilaedue
al Tg3 duemilaetre
a Rete Quattro duemilaequattro
Canale Cinque duemilaecinque
scia ad Ortisei duemilaesei
puru a La7 duemilaesettete
gioca a lu lotto duemilaeotto
al bar lo trovi duemilaenovi
a cavaceci nto duemilaedieci
nta lu varberi nto duemilaeundici
si fa lo shopping duemilaedodici
esami clinici duemilaetridici
duemila medici nta lu quattordici
pinnuli e farmaci duemilaechinnici
si fa la dialisi duemilaesidici
cu lu tenenti e diciassetti
spara lu botto trasi u diciotto
fora al balconi nto diciannovi
strinci li denti duemilaeventi
parra cu uno duemilavintunu
trasi in procura nto ventidue
vince Sanremo nel ventitre
pigghialu, afferralu carabbiniè.
Ti prego pigghialu carrabbinè,
dai che da solo s’è messo in manè
e se in galera per sempre vivrà
fuori la mafia mai più ci sarà ah ah ah!
*
A SURGIVA D’U MARI
Al mio Maestro Luigi M. Lombardi Satriani
Versi e musica di Mauro Geraci
Con estrema dolcezza e sapendo che prima o poi sarei riuscito a scriverla, me l’aveva richiesta mesi prima di partire affinché avesse avuto il piacere di ascoltarla in anticipo. Io invece solo adesso, a quattro mesi dalla scomparsa, riesco a superare il dolore trovando qualche parola cantata che spero degna d’essere dedicata al mio grande, straordinario Maestro, Luigi M. Lombardi Satriani. La canzone qui presente, A surgiva d’u mari, vuol essere così solo il primo passo poetico-musicale verso un componimento di più ampio respiro sulla sua personalità, sul suo studio antropologico, sul suo fondamentale impegno culturale, politico e civile da sempre attentissimo alla letteratura, allo spettacolo, alla canzone narrativa e di protesta come al sapere critico di noi cantastorie. Si tratta d’una sintonia preziosissima sulla quale, già nel 2002, avevo incentrato in forma ironica e divertente il Cuntrastu tra l’antropologo e u viddanu ma che sarà oggetto di un mio prossimo e approfondito saggio storico-antropologico. Sintonia, quella col mondo dei cantastorie, iniziata già nel 1958 quando s’accostò a Cicciu Busacca con Annabella Rossi e proseguita poi con Franco Trincale, Ignazio Buttitta, Otello Profazio, Rosa Balistreri e me stesso fino al 2022. Senza il suo incoraggiamento e sostegno il mio lavoro antropologico sui cantastorie – confluito soprattutto ne Le ragioni dei cantastorie. Poesia e realtà nella cultura popolare del Sud, Il Trovatore, Roma 1998 – non avrebbe potuto compiersi. Un amore, quello tra il mio Maestro e i Cantastorie, pienamente condiviso nell’esercizio di un comune sguardo critico sul mondo misto di pietà, sapere e lotta. Per te, mio eterno Maestro, A surgiva d’u mari.

Testo
Un sulu lampu nta l’occhi
e nni capevamu già
ca pi campari a stu munnu
ci voli granni pietà.
E la pietà si conquista
s’ascuti a tia ca stai mutu
ammenzu a fudda chi passa
chi tanta gioia ti dà.
Ma quantu voti a me lingua ci dissi:
“Pigghiamu u ponti ca è drittu pi ddà”.
Iddu mi dissi: “Lu ponti non servi,
lu giru è longu e tu sulu ‘un c’a fa.
Servi na navi china di puisia
si voi passari lu Scillaecariddi,
si voi truvari la vera surgiva
di stu gran mari ca nuddu la sa.
Ah ah ah ah… si voi truvari la vera surgiva
di tuttu u mari ca nuddu la sa”.
E nn’abbrazzammu a duettu,
iddu mi desi la manu,
mi dissi: “Contracurrenti
canta pi jiri luntanu.
A lu livanti e punenti,
ai mariscialli e sirgenti,
ai varvasapii e saccenti
non dari cuntu pi nenti”.
L’anima avia d’un veru liuni,
cchiù di li nobili e di li baruni,
e a mia ogni ghiornu spinceva a circari
unni si trova a surgiva d’u mari.
Doppu tant’anni difatti a truvai:
lu mari scula di l’occhi a la genti,
lu chiantu azzurru contra a lu distinu
quannu u Maistru ti mori vicinu.
Ah ah ah ah… lu chiantu azzurru contra a lu distinu
quannu u Maistru ti mori vicinu.
Traduzione italiana
Un solo lampo negli occhi / e ci capivamo già /
che per campare in questo mondo / ci vuole grande pietà.
E la pietà si conquista / se ascolti te che stai muto /
in mezzo alla folla che passa / che tanta gioia ti dà.
Ma quante volte la mia lingua gli disse / “Pigliamo il ponte che è dritto per là”.
Lui mi disse: “Il ponte non serve, / il giro è lungo e tu da sol non ce la fai.
Serve una nave piena di poesia / se vuoi passare lo Scillaecariddi, /
se vuoi trovare la vera sorgiva / di questo mar che nessuno la sa.
Ah ah ah ah…
se vuoi trovare la vera sorgiva / di questo mar che nessuno la sa”.
E ci abbracciammo a duetto, / e lui mi diede la mano, /
mi disse: “Controcorrente / canta se vuoi andar lontano.
Al levante e al ponente, / al maresciallo e al sergente, /
al presuntuoso e al saccente / non dare conto per niente”.
L’anima aveva di un vero leone, / più d’ogni nobile e d’ogni barone, /
e me ogni giorno spingeva a cercare / dove si trova la sorgente del mare.
Dopo tant’anni così la trovai: / il mare cola dagli occhi alla gente, /
il pianto azzurro contro al destino / quando il Maestro ti muore vicino.
Ah ah ah ah…
il pianto azzurro contro al destino / quando il Maestro ti muore vicino.

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A surgiva d’u mari. Per il mio Maestro Luigi M. Lombardi Satriani